Nel corso dei secoli l’approccio nei confronti della malattia e dell’essere umano è diventato sempre più materialistico: si è passati da una visione tradizionale olistica, basata su terapie magico-sciamaniche
volte a curare corpo, anima e spirito, ad una scienza che concentra i suoi sforzi terapeutici unicamente nel corpo fisico.
La medicina moderna è il risultato di progressi scientifici notevoli che negli ultimi secoli hanno portato a scoperte eccezionali relativamente al funzionamento di organi, cellule e persino molecole. Lo scienziato di oggi, forte di apparecchiature diagnostiche all’avanguardia, guarda con tenerezza ai suoi predecessori, i quali cercavano di determinare la causa delle malattie con metodi empirico-divinatori. L’evoluzione ci ha, quindi, condotti progressivamente da un mondo terapeutico che indagava l’uomo in quanto essere tripartito (costituito di corpo, anima e Spirito) verso una concezione sempre più unidimensionale, fatta di solo corpo fisico.
Un primo colpo nei confronti della visione olistica fu inferto con il Concilio di Costantinopoli (869 d.C.) quando i Padri della Chiesa dogmatizzarono l’assenza nell’uomo di uno Spirito indipendente. Questo evento segnò l’inizio della graduale perdita della coscienza dell’azione dello Spirito nell’uomo e nel cosmo.
La nascita della medicina moderna viene, però, fatta risalire attorno alla metà del 1800 e attribuita a Rudolf von Virchow e al suo testo “Patologia cellulare”. Da questo momento in poi la cellula diventa l’elemento formativo di base di tutti gli esseri viventi, le cui differenze vengono ricondotte esclusivamente a diverse forme e modalità di aggregazione cellulare. Secondo Virchow, inoltre, tutti i fenomeni vitali possono essere solo interpretati in modo meccanicistico. Ecco che questa visione meccanico-materialistica diventa velocemente la teoria portante di tutta la scienza medica, ancora oggi in vigore.
Nonostante le recenti scoperte della fisica quantistica sembrino confutare completamente tale visione, nella pratica la medicina moderna continua, salvo rare eccezioni, a considerare la malattia limitatamente alla sua manifestazione sintomatica. Si studiano i corpi, gli organi, i tessuti e le cellule. Si valutano le alterazioni nella fisiologia e nella morfologia. Quasi mai, di fronte ad una malattia, si associa a questo importante quadro diagnostico, una valutazione psico-emozionale.
Nella migliore delle ipotesi la causa della malattia viene attribuita ad un agente microbico esterno o ad un’alterazione interna. Quando tale causa non viene trovata, allora la colpa è dei geni e la malattia è scritta nel nostro DNA. Sembriamo vivere in balia di pericolosi agenti patogeni esterni o del caso, della sfortuna, del destino che provocano inspiegabili alterazioni cellulari o che fanno impazzire i nostri geni. Ci siamo convinti di essere totalmente impotenti di fronte alla malattia. Abbiamo dimenticato in pochi secoli una saggezza millenaria che da sempre ci definisce Spiriti che abitano un corpo materiale. In poche parole, abbiamo scordato chi siamo. È arrivato il momento non di negare lo sviluppo tecnico-scientifico che la medicina attuale offre, bensì di integrarlo in una visione olistica dell’uomo che tenga conto anche della sua natura sottile.
In definitiva, perché ci si ammala? Ci si ammala perché si mangia male. Perché lo stile di vita è disordinato. Perché non si riesce a gestire lo stress. Perché le energie sono squilibrate. Perché si perde l’armonia interiore. Perché ci sono emozioni negative. Perché alcuni traumi passati non sono stati risolti … Le cause non possono e non devono essere cercate soltanto nel corpo fisico.
La malattia porta, infatti, a galla una disarmonia interiore la quale, manifestandosi nel corpo fisico con dei sintomi, ci obbliga a fermarci e a riconoscere il grido d’aiuto che stiamo lanciando a noi stessi. La malattia non è mai a caso ma ha sempre un senso. Ci si ammala per cercare un nuovo equilibrio, per risolvere il passato, per sciogliere ciò che è rimasto bloccato. Ci si ammala per evolvere. Ci si ammala per … guarire!
È arrivato il momento di smettere di concentrarsi solo sul sintomo e di ricominciare a guardare l’Uomo. Di smettere di guardare solo in basso ma provare ad alzare lo sguardo verso l’alto. Di smettere di sentirsi vittime bensì artefici della nostra vita e della nostra salute. Di smettere di avere paura della malattia ma piuttosto fiducia nella salute. Di smettere di vedere la malattia come un problema esclusivo del corpo ma anche come espressione della Coscienza, non più come un problema ma come un’opportunità. Di smettere di credere che la malattia arrivi da fuori bensì di iniziare a sanare il nostro mondo interiore.
È arrivato il momento. Siamo già in ritardo.
Bellissimo articolo che condivido