Conosciuta anche come “Albero della Vita” o “Dolce della mamma”, la placenta è la nostra prima compagna di vita, preziosa fonte di
nutrimento e crescita. Peccato che appena dopo la nascita si tenda a dimenticarsi di lei: spesso la mamma in ospedale acconsente automaticamente al suo smaltimento, concentrando le sue attenzioni sul neonato e dimenticandosi del “gemello interiore” con il quale il suo bambino è vissuto in simbiosi per nove mesi.
Anticamente non era così. La placenta era circondata da un alone magico e misterioso e presso molte tradizioni, dopo il parto in casa, il cordone ombelicale non veniva reciso ma si lasciava che si staccasse spontaneamente dopo qualche giorno o che almeno cessasse di trasferire al bambino il prezioso sangue placentare (Lotus Birth). Molto spesso la placenta veniva poi seppellita in giardino, piantandovi sopra un albero, in genere da frutto, un melo per le bambine e un pero per i maschietti. I frutti che da lì sarebbero cresciuti avrebbero nutrito il bambino con preziose energie.
La placenta viene, inoltre, utilizzata dai tempi più antichi come medicamento. Considerata il “fratello animico” del bambino, si credeva che essa potesse portare forza e salute anche dopo la nascita. Considerando che la placenta si forma durante le prime dieci settimane di gestazione, separandosi dopo la fecondazione da ciò che invece si svilupperà come feto, è evidente che entrambi condividano lo stesso patrimonio genetico e si appartengano reciprocamente.
La sua essiccazione e successiva trasformazione in polvere, la macerazione in soluzioni alcoliche per la preparazione di tinture madri sono alcuni esempi di antiche pratiche mediche facilmente replicabili anche a livello casalingo.
Se però in Italia la realizzazione di rimedi placentari è pressoché sconosciuta, così non è nel nord Europa, dove in diverse farmacie è possibile farsi preparare diluizioni specifiche. Non si sa esattamente da quando la placenta sia stata trasformata a livello omeopatico ma si può dire che dalla comparsa dei primi globuli, anche da campioni di tessuto placentare si è cominciato a produrre rimedi dalla valenza energetica. Attraverso queste preparazioni le strutture fisiche della placenta vengono trasferite, sotto forma di energia, in un solvente, generalmente acqua, lasciando in questo modo la propria impronta energetica. Successivamente avviene la filtrazione, così da allontanare il materiale organico, ottenendo una soluzione madre dalla quale si produrranno globuli con diverse potenze. Attraverso questo procedimento le forze placentari, delle quali il bambino era compenetrato prima della nascita, possono essere utilizzate per rinforzare il suo organismo e alleviare le malattie.
I globuli omeopatici di placenta stimolano le forze di autoguarigione e sono utili non solo per il bambino ma anche per la mamma e, in misura minore, per i famigliari che condividono quel patrimonio genetico. Questi rimedi non sopprimono i sintomi delle malattie ma danno al corpo un input attraverso il quale esso si rinforzi e sia in grado di reagire meglio, riportando equilibrio e stabilità.
A seconda del tipo di problematica è opportuno scegliere una diluizione piuttosto che un’altra. Per sintomi acuti sono indicate potenze comprese tra la 6 e la 12 DH. Per disturbi cronici o di carattere psichico è meglio utilizzare potenze tra la 12 e la 30 DH. La sensibilità della mamma sarà il miglior consigliere.
La placenta è un tesoro incommensurabile che possiamo ritornare ad utilizzare, attingendo dalla saggezza del passato e arricchendola con le nuove conoscenze scientifiche.